Naufraghi in porto di Grazia Deledda (1920): Dalle finestre i cui davanzali di pietra ardevano al sole si vedeva tutto il paesetto, bruno come un mucchio di carboni spenti, sotto il velo verde degli alberi, la pianura gialla, le grandi sfingi d'un grigio violaceo dritte sul cielo ardente. La campana della chiesetta suonava, suonava, e nella quiete del meriggio azzurro e ardente, quel suono saltellante, fra di pietra e di metallo, pareva venir di lontano, dal cuore di quelle sfingi, dove un gigante tagliapietre lavorava annoiato e sonnolento.
Gli egoisti di Federigo Tozzi (1924): Finalmente, apparve un pezzo acuminato di Anguillara; in mezzo ad un piccolo cerchio di lecci. Le case avevano i tetti coperti di licheni gialli; e così erano i cornicioni e i davanzali sotto le finestre. Sulle terrazze, rosseggiavano grosse piante di gerani. All'entrata del paese, un asino si rotolava nella polvere della strada in salita. Su la porta antica, un orologio con le lancette di ferro arrugginito e con uno stemma di pietra sbocconcellato e sfaldato.
L'isola di Arturo di Elsa Morante (1957): Credo che i ragni, le lucertole, gli uccelli, e in genere tutti gli esseri non umani, dovessero considerare la nostra casa una torre disabitata dell'epoca di Barbarossa, o addirittura un faraglione del mare. Lungo i muri esterni, da fessure e camminamenti segreti, spuntavano le lucertole come dalla terra; le rondini a migliaia, e le vespe, vi facevano i nidi. Uccelli di razze forestiere, di passaggio sull'isola nelle loro migrazioni, si fermavano a riposare sui davanzali. E perfino i gabbiani, dopo i loro tuffi, venivano ad asciugarsi le piume sul tetto, come sul pennone d'una nave o sulla cima d'uno scoglio. |